sabato 9 ottobre 2010

voti d'aria

E' un articolo di Paolo Di Stefano
non è recente, ma lo trovo molto divertente soprattutto perché tocca due personaggi che, come sempre per le persone molto carismatiche, suscitano amore ed odio in ugual misura nell'animo umano

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Mourinho è l’allenatore che quest’anno con l’Inter ha vinto tutto.



All’inizio del campionato, Mura (giornalista sportivo di Repubblica) scrisse che Mourinho rimava con Furbinho: tanto fuminho e poco arrostinho, parlava parlava ma non gli sembrava in grado di dare un gioco credibile alla propria squadra. Alla fine dell’anno ha dovuto ricredersi: Mura ha detto che continua a non piacergli il lato istrionesco di Mourinho ma ha ammesso che è un fior di allenatore.


Purtroppo, durante il campionato il grande giornalista Mura aveva anche fatto un parallelo infelice: Mourinho come Berlusconi, «abile a vedere congiure ovunque, anche se bisogna dargli atto che finora non ha visto i comunisti come nemici». Non è poco, in effetti! La realtà è che Mourinho, pur essendo un egolatra fino a sfiorare una grave forma di megalomania, a differenza del Cavaliere non ha l’ulteriore vanità di voler risultare simpatico a tutti i costi.


Per esempio, deo gratias, non racconta barzellette. Anche questo non è poco! È antipatico, lo sa e non gliene importa niente. Mentre il Silvio sogna di incarnare insieme Napoleone e Gino Bramieri (una specie di Ginoleone o di Napolamieri…), Mourinho si accontenta di essere il Bonaparte del calcio, una specie di Bonapartinho o di Moupoleone, non altro. Piace alle donne, ma non ha bisogno di ripeterlo a reti unificate. Quando Bonapartinho ha denunciato la prostituzione intellettuale dei giornalisti sportivi sollevando cori di disappunto, molti si sono chiesti se non parlasse di politica piuttosto che di calcio. Bella domanda. Quando ha detto che avrebbe lasciato l’Italia soprattutto perché l’Italia del calcio non gli piaceva, molti si sono chiesti se non fosse in fuga da un paese intero e non solo da un ambiente oggettivamente insopportabile in cui la domenica i discorsi più densi di contenuto sono frasi del tipo: «Questo è il bello del calcio», «ce la giocheremo fino all’ultimo» o «è giusto che decida il mister…». È uno sbruffone come lui, ma a differenza del Cavaliere, dopo aver proclamato di essere il migliore di tutti Bonapartinho i risultati li ottiene davvero. E li ottiene non pro domo sua ma per la collettività (la squadra, i tifosi). Ginoleone ama il consenso, Bonapartinho il dissenso. In più non ride mai, diversamente da Ginoleone, che ride sempre e soprattutto non capisce che c’è poco da ridere. Insomma, sono esattamente l’opposto l’uno dell’altro. Totale: darei un 5½ all’antipatia di Bonapartinho e niente alla straordinaria simpatia di Ginoleone.


È stato rimproverato all’Internazionale di Moratti di essere troppo internazionale: la finale di Coppa Campioni (Cempions liiig!) è stata giocata senza un solo italiano in squadra. C’erano brasiliani, argentini, un camerunense, un olandese, un rumeno, un macedone. Una macedonia, con la minuscola, senza italiani. Eppure, questi mercenari strapagati hanno rivelato, con la volontà e l’impegno, un senso di appartenenza formidabile alla bandiera nerazzurra: è stata la risposta sul campo al localismo identitario della Lega che sicuramente avrebbe preferito una squadra di soli padani provenienti da Lissone e dintorni. Il paradosso è che dei due italiani convocati, Balotelli, detto SuperMario, è quello che qualche settimana fa ha buttato platealmente per terra la maglia nerazzurra con il risultato di essere emarginato dai compagni (e forse preso anche a calci nel sedere da qualcuno). SuperMario è l’opposto di Milito, uno che si sbatte per novanta minuti senza dire una parola, segna sempre e non la mette giù dura, uno che ha la faccia da attore di Scorsese, un po’ Rocky-Stallone un po’ taxi driver. Balotelli, viceversa, ha un talento calcistico naturale che si capovolge in un talento naturale nel far uscire dai gangheri chiunque, specie quando passeggia in campo come fosse all’oratorio per accendersi poi improvvisamente. Bisogna ammettere che gli irritanti nel calcio sono diversi e che solo a lui, nero, i tifosi avversari urlano frasi imbecilli: e chi dice che questo non è razzismo è in malafede. Se SuperMario non rivelasse qua e là una tentazione autodistruttiva, la sua sarebbe una favola con tutte le costanti di Propp: nero, povero e bello, da bambino malato viene abbandonato dai genitori cattivi, poi viene raccolto da un papà e da una mamma adottivi che gli vogliono molto bene, fatica a crescere ma raggiunge l’empireo del calcio e a 18 anni diventa un campione ricchissimo e capriccioso. Sarebbe bello vederlo ridere più spesso come avviene alla fine delle favole, dove vissero tutti felici e contenti. """""""""""""""""""""

1 commento:

  1. Muo è un grande!
    Inizialmente l'ho considerato anche io uno sbruffone e antipatico: poi col tempo l'ho rivalutato, decisamente! Un "vero" leader: ha fatto di un "insieme" di grandi calciatori una vera "squadra".

    Con Berlusconi è accaduto esattamente il contrario: al'inizio mi sembrava il Salvatore della Patria (l'ho anche votato alle prime elezioni). Oggi invece, dire che lo "odio" è eccessivo ma mi sta decisamente antipatico: non riesco neanche ad ascoltarlo per più di 5 minuti! Ma sono sempre convinto che è quello che la grande maggioranza degli italiani si merita, dal quale è degnamente rappresentata.

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